giovedì, giugno 01, 2006

Elegia per la fine di un dottorato

Mancano 6 giorni alla discussione della mia tesi di dottorato.
Quando questo progetto è incominciato, quattro anni fa, nell'autunno del 2001, avevo 25 anni, quasi 26.
Per fare il dottorato a Roma avevo rinunciato a un progetto di storia contemporanea sulla Germania del dopoguerra, che ho sempre considerato più affascinante. Avevo invece deciso di occuparmi di neokantismo e i primi due anni se ne sono andati per venire a patti con questa rinuncia. Poi piano piano ho scoperto un ambito di discussioni che non conoscevo, quelle sulla nascita della psicologia nella seconda metà dell'Ottocento, e ho trovato lì il Kant che cercavo.

Così oggi posso dire che il tema della mia tesi è cresciuto con me, in questi quattro anni, e che ogni singola riga scritta è stata una scoperta innanzitutto per me.
Dopo quattro anni passati a odiare il momento in cui avrei dovuto sedermi e scrivere, e a chiedermi perché mi ero imbarcata in un'impresa del genere, credo di aver capito che il conflitto con sé stessi è una caratteristica fondamentale del fare ricerca, non te ne puoi liberare, o almeno io non ci sono riuscita.
Ieri, leggendo la tesi, mi sono ritrovata a versare due lacrime perché tutto questo sta per finire e forse non sono ancora riuscita a sentirlo mio.
Oggi ho deciso che almeno la conclusione voglio giocarmela, non subirla.
Qualcuno mi ha detto che se loro (la commissione) sono in cinque e tu sei da solo un motivo c'è: sei tu il più forte. Basta saperlo.